Nel periodo più antico della sua storia, in età villanoviana, la società etrusca aveva certamente al suo vertice personaggi di rango regale, a capo delle famiglie che componevano la comunità e che erano rappresentate dal proprio capofamiglia. Questo ordinamento deve essere stato superato abbastanza precocemente, soprattutto nelle zone più sviluppate, dall’emergere del potere degli aristocratici e dall’evoluzione verso una società dominata dalla struttura gentilizia. Il potere del re sembra essere stato limitato dai grandi arististocratici, definiti dalla fonti letterarie principes, e infine del tutto superato da ordinamenti politici cittadini, che prevedevano la divisione del potere fra varie magistrature.
Sui re abbiamo anche alcune tarde testimonianze letterarie, secondo le quali il loro nome etrusco era lucumoni, una notizia che non ha trovato ancora conferme, e che ci descrivono il loro abbigliamento e apparato cerimoniale. Il monarca, con una veste di porpora intessuta d’oro e fregiato delle insegne del potere, ovvero da una corona d’oro, un seggio d’avorio e uno scettro con un’aquila alla sommità, era preceduto da un littore che portava una scure fasciata da verghe, simbolo del suo potere di infliggere punizioni anche capitali. Questi segni, adottati anche nel costume politico romano, sono testimoniati anche da rinvenimenti archeologici.
Nel corso del VI sec.a.C., in concomitanza con il compiersi del processo di formazione della città etrusca, l’istituzione regale scompare e si affermano sistemi aperti anche alla partecipazione di nuovi strati della popolazione, emersi grazie alla crescita economica. Possono quindi affermarsi, soprattutto in alcune città dell’Etruria meridionale, regimi di potere personale eccezionale, simili a quelli dei tiranni greci, da parte di personaggi che sembrano appoggiarsi sulle nuove classi sociali e che giustificano la propria posizione con il favore di una divinità e con rituali desunti dall’Oriente. La tendenza prevalente, che si comincia a cogliere già dal V sec.a.C. ed è ben testimoniata a partire dal IV sec.a.C., è però quella di una divisione del potere fra cariche elettive, emananti probabilmente da un consiglio e ricoperte dai membri delle famiglie aristocratiche. Una carica ben attestata è quella di zilath o zilach, che sembra essere annuale e collegiale, e che identificava l’anno, come il consolato a Roma. Il titolo appare sia da solo che con attributi che indicano competenze specifiche, come lo zilath marunuchva, che sembra presiedere un collegio di magistrati addetti alle finanze, lo zilath eterav, forse una specie di guida che si occupava della formazione politica - militare dei giovani aristocratici, lo zilath mechl rasnal, il magistrato federale eletto dall’assemblea annuale delle città — stato.
LΓÇÖorganizzazione sociale.
La società etrusca era basata su una struttura gentilizia, ovvero nobiliare, che rimase sempre il suo elemento centrale, anche se nel corso dei secoli si verificò una evoluzione nella struttura sociale.
Nelle sue fasi più remote doveva essere guidata da un re, che secondo le fonti latine era detto lucumone, che, oltre a ricoprire la massima carica politica, accentrava nella sua persona anche il potere militare e quello religioso. Egli doveva essere affiancato da un gruppo di capi delle famiglie, dai quali si sviluppò presto una potente aristocrazia di proprietari terrieri, che detiene il governo delle città etrusche almeno dalla fase orientalizzante.
Costoro, quando le numerose città — stato etrusche erano in lotta fra loro o ingaggiavano guerre contro le popolazioni limitrofe, si trasformavano in guerrieri alla testa del proprio seguito di servi e sottoposti. Forte influenza ed autorità avevano gli aruspici, un collegio sacerdotale che, attraverso l’interpretazione di presagi e dei fenomeni terrestri e celesti, poteva dare indirizzi all’attività politica. All’interno della società etrusca si ritagliavano un posto, socialmente marginale, ma molto importante per l’economia delle città — stato, i ceti subalterni, composti da gruppi con grado di autonomia ed importanza molto diversi, dai contadini che lavoravano le terre degli aristocratici, ai domestici al loro servizio, agli artigiani più o meno specializzati, fino ai veri e propri schiavi, duramente sfruttati nelle miniere e in altri lavori pesanti.